Sono le stesse sezioni unite, ora, a fornirci indicazioni fondamentali per effettuare contestazioni su una serie di mutui alla francese

Le Sezioni Unite del 29 maggio 2024 definiscono soltanto alcune problematiche relative ai mutui con ammortamento alla francese e solo per alcune tipologie di contratto.

La partita rimane ancora aperta.

Nonostante i primi articoli online tratti da siti generalisti sembrino definire come tramontata l’era delle contestazioni bancarie relativamente all’ammortamento alla francese, sono le stesse SS.UU che rilevano alcune questioni di fondo, già trattate dallo Studio Giansalvo, sulle quali si sposterà inevitabilmente il contenzioso dei prossimi anni.

La questione è infatti tutt’altro che risolta. 

La tematica sollevata alle Sezioni Unite, lo ricordiamo, era relativa ai mutui a tasso fisso con ammortamento alla francese all’indeterminatezza delle pattuizioni del tasso di interesse – o meglio - si trattava di decidere se la mancata indicazione del regime finanziario comportasse o meno l’indeterminatezza del tasso di interesse ovvero eventuali effetti sulla trasparenza bancaria.

In premessa è certamente doveroso affermare come le questioni che sono state trattate delle Sezioni Unite di Cassazione avrebbero necessitato, a parere dello scrivente, di un migliore approfondimento tecnico / matematico e ciò è reso evidente da molti passaggi tecnici nei quali si può osservare come i soggetti chiamati a decidere queste questioni non abbiano ben compreso alcune questioni fondamentali per il caso in discussione.

Probabilmente, anche la difesa delle ragioni del mutuatario ha trattato tematiche non pertinenti (vedasi la questione richiamata circa la maggiore onerosità del piano di ammortamento alla francese rispetto a quella all’italiana).

In primo luogo le Sezioni Unite sembrano mettere dei paletti ben evidenti alle questioni risolte: infatti, sono proprio le stesse ad essersi dette chiamate a pronunciarsi soltanto solo sui contratti di mutuo a tasso fisso con ammortamento alla francese, senza entrare nei termini dei contratti a tasso variabile e/o nelle teorie in relazione alla estinzione anticipata dei rapporti ovvero nelle conseguenze della mancata allegazione o inserzione del piano di ammortamento nel contratto.

Nelle pagine finali della sentenza in commento alcuni riferimenti alla materia consumeristica ed alla Corte di Giustizia Europea lasciano esclusi da alcune tematiche anche tutti i finanziamenti personali e crediti al consumo, per i quali la trasparenza – anche in virtù del Codice del Consumo – risulta di certo maggiormente pregnante ed oggetto di controllo più restrittivo. 

Quindi, quanto rilevato dalle SS.UU in relazione ai mutui con ammortamento alla francese è assolutamente circoscritto ad alcune casistiche perché vale solo per i mutui a tasso fisso con piani di ammortamento alla francese allegati al contratto e con tutte le condizioni economiche ben esposte, e questo perché è solo a tali condizioni che è possibile determinare in maniera univoca il tasso di interesse applicato. 

Questo non vuol dire che giudizi sbrigativi e a digiuno delle dovute competente richieste vogliano andare a fondo nelle questioni che si possono ancora trattare ma che c’è ancora tanta strada da fare prima di dichiarare legittimo e salvo il piano di ammortamento alla francese in regime composto degli interessi (che la cassazione, quasi con affetto chiama standard).

E se il contratto non prevedesse il piano di ammortamento e la rata non fosse indicata in contratto? 

E se, ancora, il contratto prevedesse un tasso variabile e non indicasse invece il TAEG e nel piano di ammortamento fosse prevista la sola quota capitale?

E se il contratto non fosse un mutuo ipotecario ma un prestito al consumo? 

E se il contratto non prevedesse il piano di ammortamento e non indicasse un TAEG?

Le ipotesi esemplificative appena riportate – che sono solo alcune rispetto alle possibili permutazioni possibili di casistiche non toccate dalle SS.UU in commento – rimangono quindi escluse dalla pronuncia in commento. 

Tutto questo ci permette di affermare che, quindi, il principio di diritto esplicitato dalle SS.UU. (che nulla di nuovo in realtà ci dice) è applicabile solo a talune tipologie di contratti e, all’interno di esse, solo a quelle che prevedono le particolari condizioni analizzate dai Giudici di legittimità in questa sentenza. 

La partita è, perciò, ancora tutta da giocare, a patto che l’interlocutore chiamato a giudicare abbia le necessarie competenze tecniche che servono per dominare le numerose questioni che si andranno a sollevare.

Ma andiamo al dunque!

L’anatocismo sui mutui è ancora contestabile?

La Corte non è stata chiamata a fornire una risposta a questa questione seppure ne abbia affrontato, dal punto di vista giuridico, alcuni aspetti.

Su questo tema, la Corte sembrerebbe affermare che le censure sollevate da parte attrice (la mutuataria) non siano sufficienti a provare concretamente la produzione di interessi anatocistici.

Il riferimento delle SS.UU va alla recente – quanto errata - Cassazione n. 27823/23 in materia tributaria, la quale afferma che la capitalizzazione composta è eterogenea rispetto all’anatocismo ed è solo il modo di calcolare la somma dovuta da una parte all’altra in esecuzione di un contratto. 

Fondamentale l’indizio che ci fornisce la Corte quando afferma che non è escludibile a priori una produzione di interessi su interessi per effetto della quale il tasso effettivo risulti maggiore rispetto a quello nominale e sfugga alla rilevazione del TAEG, a condizione che venga provata da un apposito approfondimento peritale.

Tradotto da una mente logica ciò sta a significare che nei contratti di finanziamento in cui il TAEG non è indicato, ovvero è difforme da quello pattuito, ed in cui si dimostri che la banca non ha espresso l’effetto del regime finanziario sotto forma di TAE, si potrà – qualora il contratto poi produca la formazione di interessi su interessi - da provare con apposito elaborato peritale - contestare l’anatocismo e tutte le questioni ad esso più o meno collegate (violazione dell’art. 1283, dell’art. 6 della delibera CICR, ovvero dell’art. 120 TUB, secondo comma).

Si ricorda inoltre che le sopra riportate questioni integrano l’applicazione delle disposizioni in materia di clausola illecita (art. 1343 c.c.) o della clausola illecita quando il contratto costituisca il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa. (1344 c.c.).

Questa tematica non è stata affatto trattata dalle SS.UU ed è ad avviso dello scivente uno dei punti su cui lavorare nel prosieguo: questo effetto esponenziale di produzione di interessi del regime composto genera anatocismo o un effetto uguale all’anatocismo su cui spostare l’attenzione in termini di aggiramento della normativa?

La violazione dell’art. 821, 3 comma è ancora contestabile?

La Corte affronta anche la tematica relativa all’applicazione al caso di specie dell’art. 821, 3 comma c.c. (“I frutti civili si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto”). 

La questione del regime finanziario può infatti essere trattata anche con riferimento a tale disposizione, ma limitatamente alla circostanza per cui è legittimo per il creditore pretendere interessi anche prima della scadenza dell’operazione e che, quindi, possa pretendere il pagamento di interessi rata per rata.

E’ qui opportuno sottolineare come il piano di ammortamento in regime semplice preveda che gli interessi vengano calcolati rata per rata rispettando il sopra riportato principio di diritto qui indicato dalla Corte.

Quello che la Corte non chiarisce, (e qui sorge la nostra contestazione) è se l’indicazione “giorno per giorno”, di cui all’art. 821 cit., si riferisca ad un tasso in regime semplice ovvero ad un tasso in regime composto.

Le Sezioni Unite si sono peraltro già espresse sul punto (sent. 23-11-1974 N. 3797) favorevolmente rispetto alla nostra tesi. 

Ad avviso dello scrivente la questione dell’art. 821, 3° comma, c.c. è quindi tutt’altro che risolta e potrà essere ancora percorsa nelle contestazioni da formulare nei riguardi dei finanziamenti bancari. 

L’indeterminatezza del tasso di interesse per la mancata indicazione del regime finanziario

Il punto centrale delle SS.UU n. 15340/24 è che, in caso di mutuo a tasso fisso, dalla lettura combinata della chiara indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, della periodicità di rimborso e del tasso (TAN, TAEG) nonché del piano di ammortamento allegato si determina correttamente il tasso di interesse e che non occorre quindi che il contratto determini necessariamente il regime di capitalizzazione ovvero la formula matematica di calcolo della rata.

La Cassazione parla di agevole ricostruzione attraverso una semplice sommatoria dell'impegno che il mutuatario dovrà pagare nel corso del rapporto.

Ad avviso dello scrivente il problema della determinatezza del tasso di interesse si rileva invece quando il tasso è variabile, ovvero quando il contratto non preveda un piano di ammortamento o la rata indicata in contratto, vale a dire tutte le volte in cui, dalla lettura congiunta dei dati contrattuali e del piano di ammortamento, non sia possibile determinare un univoco piano di ammortamento. 

Come si fa a determinare agevolmente l'impegno che il mutuatario si è obbligato a pagare in un mutuo a tasso variabile con o senza piano di ammortamento allegato al contratto?

Differenza tra piano di ammortamento alla francese ed all’italiana.

Non è nemmeno il caso di approfondire la questione sollevata in quanto si ritiene che le problematiche ascrivibili al piano di ammortamento alla francese a nulla rilevino rispetto ad un altro piano di ammortamento, sia esso più o meno oneroso.

Opportuno segnalare inoltre come le SS.UU non entrino nel merito della valutazione usuraria dei costi del regime finanziario.

Il regime finanziario è un costo non incluso nell’indice del TAEG e, quindi, tale tipo di anomalia è perfettamente ancora riscontrabile nei finanziamenti bancari.

Attenzione la maggiorazione di costo del regime finanziario non è misurata dal TAEG perché il TAEG lavora in regime composto degli interessi.

Si può concludere affermando quanto segue.

La massima delle Sezioni Unite in commento: 

In tema di mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento «alla francese» di tipo standardizzato tradizionale, non è causa di nullità parziale del contratto la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione «composto» degli interessi debitori, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti”. 

La sentenza, in sintesi:

  • non definisce, come meglio specificato nel presente contributo, numerosi aspetti relativi ai contratti di mutuo – e di cui si limita a fare cenno; 
  • delinea unicamente alcuni aspetti che, tuttavia, sono riservati ai mutui a tasso fisso, con piani di ammortamento allegati, in cui tutte le condizioni economiche vengono indicate nei contratti.

Siamo sicuri allora che il tempo genererà un contenzioso ancora più accanito sulle questioni rimaste aperte e che già nelle prossime settimane fioriranno contributi a sostegno di quanto accennato.

Ci sentiamo quindi di poter affermare che questa sentenza dà ancor più peso al ruolo delle consulenze tecniche di parte, sempre più onerate di dimostrare la illegittima capitalizzazione degli interessi ed il suo riverbero su molti ed importanti aspetti che le SS.UU hanno soltanto accennato.

Per facilitare la comprensione dell’ambito applicativo della sentenza proponiamo di seguito un sintetico schema, attraverso il quale comprendere entro quali margini sia possibile procedere a sistematiche contestazioni nei riguardi dei singoli contratti di finanziamento in regime composto degli interessi.



 

Articolo scritto a due mani dal dott. Roberto Giansalvo e dall'avv. Francesca Greblo


 

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